appunti

Ventuno candeline

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29 luglio 2014

Ho sorriso, indossato un vestito bianco, steso un velo di rossetto rosso. Spento candeline, versato più champagne che lacrime, pedalato, urlato e mangiato arcobaleni ricoperti di zucchero.

E nel mentre ho pensato: a tutto, a niente.
A quest’anno.
Ai miei anni. Che dicono siano ventuno, ma a volte sembrano ottantaquattro, a volte tre e mezzo.
Alle persone che erano lì, a quelle che non c’erano, a quelle che è come se ci fossero state.
Ai miei viaggi. Alla mia voglia di andare, anche solo per sentire il bisogno di tornare.
Ai miei semafori rossi. Alcuni dei quali durano troppo, altri troppo poco, ma tutti mi dicono stop. Riprendi fiato.
A quelle amiche che aprono il mio frigo così come aprono il mio cuore: senza chiedere il permesso.
Al mio ripostiglio – a metà tra la tana del Bianconiglio e la Stanza delle Necessità – che possiede la giusta quantità di caos che serve a mettere ordine nella mia testa.
Alla mia insana propensione a credere. In Dio, in Babbo Natale e nell’oroscopo di Leonardo.
Ai cambiamenti che non mi fanno paura, o almeno non più di quanta me ne faccia l’abitudine.
E a questa vita, che a prescindere dal numero di candeline sulla torta (ventuno, ottantaquattro o tre e mezzo), io la guarderò sempre così: innamorata.

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