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Giorgia Surina e quella fiction che l’ha portata a Napoli

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Una milanese, a Napoli, mi ha parlato di un’Italia nostra. A quel punto, nel bel mezzo del Galà del Cinema e della Fiction in Campania, penso che l’Italia nostra la facciano le persone che hanno talento. E quelle che sanno innamorarsi.
Lei, Giorgia Surina, dice di essersi innamorata di Napoli durante le riprese di Non dirlo al mio capo, davanti al Castel dell’Ovo. E davanti al Maschio Angioino, dopo interminabili giornate di lavoro e fredde nottate sul lungomare, lei si è fermata per dare un’occhiata in giro. Ed è rimasta senza fiato.

Felice di aver girato qui, mi racconta, perché ha avuto la possibilità di scoprire e di vivere in maniera differente una Napoli sconosciuta. Una Napoli che l’ha accolta con mille colori, citando Pino. Una Napoli, e una Campania tutta, che brilla di luce propria anche grazie a eventi come il Galà del Cinema e della Fiction, uno dei festival che – grazie a Dio, aggiunge – mettono una lente di ingrandimento su una zona che purtroppo fin’ora non ha avuto una grande esposizione. Qui ci sono dei territori pazzeschi, c’è un’umanità incredibile, delle grandi risorse da sfruttare, come del resto in gran parte d’Italia.
E’ la sua prima volta al Galà, per il suo ruolo nella fiction Rai insieme a Vanessa Incontrada, dove interpreta Marta Castelli, donna in carrierissima, tra i 35 e i 40 (età non meglio identificata, anche se lei dice 25). Sempre molto giusta negli abiti, nel trucco, nel saper parlare. Sempre col tacco a stiletto, come se fosse uscita direttamente da Il Diavolo veste Prada. Cattiva, perfida, arrivista: per interpretarla, Giorgia, ha voluto lavorare su quel lato umano che ognuno di noi ha, inevitabilmente: così le ha regalato un lato ironico, quasi comico, ed è uscito fuori un personaggio divertentissimo, sopra le righe, un po’ uno stereotipo senza tuttavia cadere nella parodia.
Interpretare un personaggio così diverso da sé vuol dire separare vita e recitazione: «quando sono io, sono io, senza forzature. Altrimenti i miei personaggi non avrebbero così tante sfumature. Però – conclude – ogni volta che sul set divento altro, sperimento sulla mia pelle abiti diversi. E imparo qualcosa».

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