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  • appunti

    Prove tecniche di un lunedì (stra)ordinario

    Dal mio balcone su Napoli e da quella finestra sul mondo che è il mio smartphone ho assistito oggi – lunedì 18 maggio – al ritorno alla normalità di ogni cosa. L’alzata delle saracinesche è stata carica di un entusiasmo euforico misto a incertezza forse adolescenziale, ma sicuramente commovente. Il ritorno dei traffici e dei barbieri ci ha riportati per un attimo alla nostra vita di prima. E persino le moke, quelle un po’ più grandi, sono tornate a fare caffè per gli amici. Questa mattina non abbiamo scoperto se siamo diventati migliori o peggiori (questa poi è una scoperta di cui ognuno di noi farà esperienza quando deciderà cosa farsene, delle recenti prese di consapevolezza), ma abbiamo certamente scoperto che siamo diversi. Perché credere che la nostra vita, quella che conoscevamo bene – e che ci stava stretta, soprattutto di lunedì mattina – sia ricominciata dal punto esatto in cui si sia fermata due mesi fa o poco più, o anche solo credere che la vita si sia fermata, sarebbe un errore di valutazione grossolano sul presente nonché un approccio troppo pigro all’immediato futuro. Non ci siamo mai fermati, anzi: non siamo mai così cambiati come in questi ultimi due mesi, anche soltanto nella nostra concezione di normalità. E quando anche il più ordinario lunedì tornerà, alcuni di noi non solo lo ameranno, ma si accorgeranno di averlo sempre amato.

  • progetti

    Un nuovo inizio. Una nuova gonna (con la moka)

    Il caffè è un affetto stabile. E credo che su questo siamo tutti d’accordo.
    E in un lunedì più lunedì di tutti i tempi – quello che arriva pieno di speranze e di incertezze dopo quella che è sembrata una lunghissima domenica pomeriggio – la moka diventa simbolo per eccellenza di un inizio. Perché in casa mia, che in questo è uguale ad ogni casa del Sud, quando si inizia qualcosa, qualsiasi cosa (una giornata di lavoro, una sessione di studio, una chiacchierata, un nuovo amore, una fase 2), si accende il fuoco e si mette su il caffè. E quel piccolo rito quotidiano che è la sua preparazione – l’unico tutorial che abbiamo ricevuto a riguardo sono state le mani delle nostre mamme e delle nostre nonne – ci prepara a quel nuovo inizio come si deve, quindi con lentezza e cura.

    Sono felice di presentarvela oggi, e in questo modo, la nuova gonna #LaSimonetta, realizzata con una stoffa originale, che ho fatto stampare un po’ di tempo fa su un cotone 100%. Una gonna non solo fatta a mano, ma fatta in casa, così come il caffè con la moka. Anche le foto, che trovate sul sito e sulla pagina Instagram, sono casalinghe: direttamente dallo studio fotografico del mio balcone, dove la fotografa è stata mia madre e gli unici stylist la gente affacciata. Buon 4 maggio a tutti, fatevi un caffè anche per me.

     

     

  • progetti

    Sulla bocca soltanto poesie

    Quando i nostri sorrisi devono stare coperti, sulle nostre bocche ci siano soltanto poesie.
    Perché in un tempo in cui volersi bene vuol dire stare lontani, servono parole migliori per sentirsi vicini. Parole che facciano viaggiare lontano, magari seguendo con il pensiero un treno che fischia in lontananza. Parole che ci ricordino che anche alla fine di un percorso infernale c’è un cielo stellato da ammirare. Parole che ci raccontino che vinceremo soltanto se lavoreremo, tutti insieme, e parole che ci sollevino dalle fatiche di una giornata troppo piena, o troppo vuota.

  • appunti

    Quel mostro chiamato noia

    Stiamo facendo programmi per quando tutto questo finirà. Stiamo usando parole nuove, o almeno tali nel nostro vocabolario quotidiano: assembramento, pandemia, quarantena. Stiamo ridefinendo il significato di quelle vecchie, di quelle facili: libertà, casa, abbraccio. Tempo. Stiamo sbirciando negli interni delle case dei nostri amici e dei nostri datori di lavoro. Stiamo facendo torte. Stiamo attingendo alla nostra creatività più vivace pur di sentirci più vicini e più coraggiosi. Stiamo cambiando, in meglio o in peggio lo scopriremo poi. Stiamo benedicendo l’internet e i social network, che questa volta – per una volta! – ci stanno rendendo più sociali. Stiamo aprendo i cassetti per controllare se i nostri sogni stiano ancora lì. Stiamo assistendo a concerti, letture e sante messe in diretta streaming. Ci stiamo affacciando ai balconi, e forse non lo facevamo da un po’. Qualcuno di noi sta pregando, tutti stiamo rivolgendo un pensiero pieno di gratitudine a chi, là fuori, sta combattendo. Stiamo riscoprendo una vita homemade. Stiamo leggendo, tanto. Stiamo collezionando meme. Alcuni lo stanno diventando, dei meme. Ci stiamo videochiamando senza il timore di farci vedere brutti nei nostri outfit improponibili. Stiamo sentendo la mancanza di ciò che avevamo e anche di ciò che non credevamo di avere. Stiamo facendo pulizie radicali e ritrovando cimeli che avevamo dato per dispersi. E sì, stiamo facendo esperienza della noia.

  • eventi

    Il coraggio di essere Frida

    Mi sono guardata come non mi ero mai guardata prima.
    La prima novità è che ho guardato me stessa non nello specchio dell’ascensore né attraverso la fotocamera frontale, ma su una tela in un museo. La seconda novità è che mi sono guardata da fuori, ma allo stesso tempo da dentro. E questo era, dopotutto, lo spirito con cui è nato il progetto “Il coraggio di essere Frida” della mia cara Susi Sposito: far uscire fuori la propria identità e renderla un capolavoro, proprio come aveva fatto Frida. Un’impresa non certo facile – oserei dire titanica, considerati i tempi in cui viviamo – a cui non poteva far fronte niente se non l’arte.

  • storie

    Il Museo con le cornici dorate

    “Biglietti, prego”.

    A parlare era stato un anziano signore con la barba bianca e il viso rubicondo che, nonostante non fossi mai passata di lì, aveva un’aria familiare. “Biglietti” aveva ripetuto a voce più alta, mentre la folla si accalcava all’ingresso del Museo.

    “Il suo biglietto, signorina?” fece quindi l’uomo, questa volta rivolgendosi proprio a me. Così io mi sentii quasi in dovere di infilare le mani in tasca, fingendo di cercare un biglietto che in realtà non avevo mai acquistato. In tasca trovai però un biglietto sgualcito ma ancora leggibile di un treno che avevo perso per un soffio: lo porsi all’addetto, lui lo controllò e, senza farmi troppe domande, lo obliterò, indicandomi l’entrata con un gesto della mano.

  • appunti

    Disinnamorarsi

    Innamorarsi è bello, bellissimo. Disinnamorarsi non lo è.
    Ma, quando capita, sa essere una benedizione.

    Ammettiamolo: la fine di un amore, di qualunque amore si tratti, è una di quelle cose che non siamo fatti per gestire con razionalità, un dolore così insopportabile che, mentre soffriamo, siamo convinti sia capace di ucciderci. Eppure quella stessa sofferenza è la prova tangibile che quell’amore, in realtà, non può finire come finisce il caffè dalla dispensa (per quanto anche questo possa avere in sé una certa tragicità). Tutto quell’amore è ancora lì, da qualche parte dentro di noi, più forte che mai. E presto o tardi dovremo trovare il modo di farci pace, di trovargli una sistemazione affinché non ci impedisca di amare ancora.

  • appunti

    Ricordati di dirti brava

    Anche quando nessuno te lo dice. Anzi, soprattutto quando nessuno te lo dice: è proprio lì che devi mantenere la lucidità di riconoscerti un merito quando ce l’hai. Che è una cosa ben lontana dalla presunzione e dalla pienezza di sé: vuol dire imparare a giudicarsi con spirito critico, e farlo con la stessa intransigente severità di quando commettiamo un errore.

  • eventi,  persone

    Un completo gessato ci salverà

    Settembre è arrivato, con la sua lista di cose da fare ma soprattutto di quelle da non fare più, con quella promessa confortante propria di tutti gli inizi, e con la sfilata di Sofia Colasante, che ha preso i nostri vorrei, potrei e dovrei, e ne ha fatto una collezione che ci ricorda di affrontarli tutti.

  • appunti

    Occasioni

    Che non è (solo) il titolo di una bellissima raccolta poetica di Eugenio Montale, ma quella parola che, oggi più che mai, ci eccita, ci tormenta, in ogni caso ci ossessiona. In un’epoca di insicurezza − lavorativa e sentimentale − come quella in cui viviamo, ci fanno credere che le occasioni che ci si presentano davanti vanno colte, sempre. Che se non ti butti ti perdi il meglio, a prescindere. Un po’ come la storia del treno che passa una volta nella vita: una leggenda metropolitana che certamente non spaventa chi, come me, è abituato ad aspettare il 604, che ha più o meno la stessa frequenza.

  • appunti

    E se la fotocamera interna avesse ragione?

    Ci sono domande esistenziali, totali, universali, che hanno scomodato i più grandi pensatori e i più talentuosi drammaturghi. Perché esistiamo? C’è vita oltre la morte? È nato prima l’uovo o la gallina?
    E poi c’è la domanda delle domande: e se la fotocamera interna avesse ragione?